STEP #4 Il lampadario nel mondo artistico
IL LAMPADARIO DEI CONIUGI ARNOLFINI
- Autore: Jan van Eyck;
- Data: 1434;
- Tecnica: Olio su tavola;
- Dimensioni: 81,8×59,7 cm;
- Ubicazione: National Gallery, Londra.
https://it.wikipedia.org/wiki/Ritratto_dei_coniugi_Arnolfini
Con una sola candela accesa non possiede la funzione di illuminare la stanza (servizio, appunto, prevalentemente svolto dalla finestra) ma, in prima battuta, simbolica. La fiamma della candela rappresenta, infatti, la fiamma dell'amore, e ricorda la candela che brilla sempre nel sacrario delle chiese, simbolo della permanente presenza di Cristo che tutto vede.
Inoltre era abitudine delle famiglie fiamminghe accendere una candela il primo giorno delle nozze e tali oggetti compaiono a volte anche nei dipinti dell'Annunciazione.
Non è da escludere che Jan Van Eyck la incluse per esibire un proprio virtuosismo nella cura del dettaglio e dar prova della sua capacità di inserire la luce artificiale (generata dalla fiamma della candela) nello stesso luogo in cui è presente la luce naturale.
Particolare del lampadario |
Osservando più attentamente il lampadario è possibile osservare un particolare funzionale.
Al fine di sostituire le candele e metterle e toglierle, durante le pulizie, una catenella, pendente dal fusto centrale e collegata ad un sistema interno di ingranaggi, gli permette di abbassarsi ed alzarsi con grande agevolezza.
«All’inizio del ’62, passando per via due Macelli, vidi attraverso la vetrina di una libreria la riproduzione del quadro di Van Eyck, I coniugi Arnolfini. Osservando il quadro mi sembrò che il suo vero protagonista fosse il lampadario. Questo lampadario incombe sulle figure degli Arnolfini come qualcosa che sta a misurare la durata e quindi il limite delle loro esistenze. Pensai con malinconia che gli Arnolfini sarebbero scomparsi molto prima del lampadario».
(lettera di Tano Festa, inviata ad Arturo Schwartz nel 1966, tratto da Francesco Orlando. Gli oggetti desueti)
Al fine di sostituire le candele e metterle e toglierle, durante le pulizie, una catenella, pendente dal fusto centrale e collegata ad un sistema interno di ingranaggi, gli permette di abbassarsi ed alzarsi con grande agevolezza.
«All’inizio del ’62, passando per via due Macelli, vidi attraverso la vetrina di una libreria la riproduzione del quadro di Van Eyck, I coniugi Arnolfini. Osservando il quadro mi sembrò che il suo vero protagonista fosse il lampadario. Questo lampadario incombe sulle figure degli Arnolfini come qualcosa che sta a misurare la durata e quindi il limite delle loro esistenze. Pensai con malinconia che gli Arnolfini sarebbero scomparsi molto prima del lampadario».
(lettera di Tano Festa, inviata ad Arturo Schwartz nel 1966, tratto da Francesco Orlando. Gli oggetti desueti)
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